STORIA DI UN EMIGRANTE ILLUSTRE: LO STRANO CASO DI ANTONIO CANAL DETTO IL CANALETTO

storia-di-un-emigrante-illustrePer quanto Oscar Wilde affermasse che non esistono geni incompresi, la storia dell’arte è disseminata di grandi artisti morti in miseria perché rifiutati dal proprio tempo.

L’immagine di Van Gogh che barattava un suo dipinto per un piatto di minestra rappresenta senza dubbio un’icona in tal senso, soprattutto alla luce del successo planetario che lo avrebbe atteso dopo la morte.

Eppure, c’è forse un caso ancora più strano ma allo stesso tempo poco conosciuto, che riguarda il maggior vedutista veneziano del XVIII secolo: Antonio Canal detto il Canaletto (1697-1768).

A differenza del grande maestro olandese, il suo genio era tutt’altro che incompreso: osannato, rincorso, circondato da clienti internazionali disposti a pagare qualsiasi prezzo per un suo dipinto ed attendere addirittura degli anni pur di poterlo sfoggiare nella propria dimora, l’artefice di quello che si può a buon diritto definire l’oggetto del desiderio del Grand Tour versava in una situazione economica rasente l’indigenza.

Dalle carte d’archivio inerenti i suoi beni, il Canaletto possedeva un “patrimonio” di soli 40 ducati, composto da un letto, pochissima biancheria malconcia, una scatola d’argento, quattro posate e tre anelli.

Eppure, l’avarizia dell’artista è ben nota ed esasperata a tal punto da indossare sempre il medesimo, sudicio tabarro e rinunciare a qualsiasi prospettiva di matrimonio pur di non avere alcuna persona a carico.

La controversa vicenda assume i risvolti di una storia di ordinario sfruttamento, in cui ancora oggi siamo abituati ad imbatterci, sebbene al posto di umile manovalanza sottopagata ci si trovi di fronte alla primadonna del palcoscenico artistico lagunare, praticamente sottomessa ad uno scaltro mercante inglese di stanza a Venezia, Joseph Smith (1682-1770).

Quest’ultimo, giunto nella città di San Marco all’aprirsi del XVIII secolo, aveva monopolizzato il florido mercato straniero, costituito per la maggior parte da britannici alla ricerca di souvenirs della loro meta italiana prediletta, stipulando con il Canal una sorta di accordo commerciale in esclusiva.

In tal modo, l’artista s’impegnava a lavorare per un certo numero di anni al soldo dell’affarista, che si tratteneva la maggior parte dei guadagni lasciando al “povero” (nel vero senso della parola) Antonio solo gli spiccioli, inquadrato in una sorta di vera e propria sudditanza che si interromperà solo quando il grande maestro deciderà di andare egli stesso a procacciarsi i clienti direttamente a Londra.

Il mercato a Venezia era ormai monopolio dei poteri forti, dove il talento s’inquadrava nelle rigide leggi di mercato, al punto che, in assenza di Antonio, il suo pennello veniva sostituito da un copista incaricato dallo Smith di creare dipinti “alla maniera di Canaletto” per la sua clientela d’oltremanica.

Contemporaneamente, proprio nella medesima Inghilterra, l’artista per cui i ricchi gentiluomini locali giungevano in Laguna, doveva farsi pubblicità sui giornali locali per procacciarsi commesse dirette.

In realtà l’apparente paradosso si spiega nel fatto che lo Smith rappresentava un vero e proprio punto di riferimento per i committenti, travalicando addirittura il soggetto creativo in una concezione dell’opera d’arte assolutamente estranea all’attuale senso comune.

Nella sensibilità del XVIII secolo, infatti, Antonio non veniva considerato nella sua unicità di artista, quanto piuttosto come formalizzatore di una maniera che poteva essere perfettamente riprodotta da altri artisti innumerevoli volte.

L’originalità era del tutto ignota come valore fondante l’opera d’arte, al punto che i clienti dello Smith sceglievano il soggetto che più gli aggradava da un album di incisioni canalettiane -pubblicato a tale scopo dal mercante- , alla stregua di un book fotografico da riprodurre fedelmente.

Solo alla luce di ciò possiamo comprendere come lo scaltro affarista avesse attutito senza troppa fatica la perdita del suo protetto, ed il povero emigrante Canaletto faticasse a trovare il proprio ubi consistam nella sua terra d’elezione.